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L'avventura di due contadini della Bertesca

La foresta, la grande foresta conservata nei secoli dalla gestione dei Camaldolesi, dell’Opera del Duomo e dei Granduchi lorenesi era un riferimento per le genti che abitavano in alcuni sperduti villaggi che sorgevano al suo limitare. Lontani diverse ore di cammino dal primo centro abitato i loro abitanti erano comunque soliti scendere a valle per le fiere o i mercati settimanali dove vendevano i prodotti artigianali in legno (preparati soprattutto nei periodi in cui l’attività agricola si fermava), bestiame, animali da cortile, formaggi, ecc.. Era questo un modo per portare a casa il sale, talvolta il tabacco, vestiario e anche qualche soldo da conservare perché “non si sa mai”.

Domenica 30 settembre 1705 Michele e Piero, due fratelli contadini alla Bertesca, un podere dell’Opera del Duomo, si recano a Bagno di Romagna per vendere dei nodi d’abete (chiamati anche stecche) che sarebbero serviti per la fiorente industria delle corone da rosario che era attiva nel centro di fondovalle. Come scrive il Granduca Pietro Leopoldo, in visita a Bagno nella seconda metà del ‘700, infatti: “L’industria del paese è di fare tacchi di legno, e anime di bottoni, ed altri lavori di legno che si vendono poi fuori.” Particolarmente intensa ed importante era l’attività della produzione di corone.

Ebbene, torniamo ai nostri fratelli, due baldi giovani carichi di stecche d’abete, sia loro che l’asino che conducevano. Dopo qualche ora di cammino di buon passo, vista la giovane età e la consuetudine alla fatica ed al cammino su quelle montagne, valicato il crinale che divide la valle del Bidente di Pietrapazza da quella del Savio, scendono a Bagno e, proprio sulla porta di Sommo il Borgo che guardava verso la Toscana, vengono fermati dai famigli, i gendarmi di allora.

Qui la vicenda si anima decisamente e viene poi dettagliata nel processo del quale si conservano le carte e da cui emergono particolari interessanti. Dalle varie testimonianze sappiamo che la domenica mattina si era soliti vedere alcuni montanari che dalle più sperdute località raggiungevano Bagno di Romagna per vendere le loro stecche d’abete, che servivano principalmente ad alimentare una fiorente attività che produceva corone da rosario che venivano poi vendute in tutta Italia ed anche all’estero. Diversi testimoni del processo affermano che erano soliti recarsi la domenica alla porta del paese ad attendere i venditori di stecche per concludere affari con loro.

Tornando alla cronaca i due fratelli furono fermati dai famigli, perché pare che Piero, il minore, avesse un debito con l’amministrazione e per questo volevano sequestrargli l’asino con il suo carico di stecche. Ne nacque un’accesa discussione ed una colluttazione, che per poco non finì in tragedia. Tra i due fratelli e i famigli ci fu uno scambio di bastonate, finché intervenne qualcuno a sedare la rissa e calmare gli animi, anche se ormai c’erano contusioni e teste sanguinanti. Il cerusico (cioè il chirurgo) e lo speziale (il farmacista, diremmo oggi) curarono i feriti, i due fratelli e uno dei famigli. Oltre alle bastonate e alle teste rotte, la cosa poteva prendere una piega ancora peggiore: uno dei famigli tirò fuori una pistola a canna corta minacciando di uccidere uno dei due fratelli, che riuscì a rifugiarsi in una delle case vicine ed il famiglio venne poi fermato dal proprietario della casa e dal Signor Biozzi, esponente di una delle più importanti famiglie di Bagno.

Non ci è dato sapere quale fu l’epilogo della vicenda, che però ci lascia un gustoso quadro della vita dell’epoca. Numerose furono le testimonianze e, come succede sovente, dalle carte processuali emergono dettagli che ci dipingono scorci di vita quotidiana che altrimenti non potremmo conoscere: l’osteria di Carlone e della moglie Checca, appena fuori dalla porta di ingresso del paese verso sud, con i suoi avventori che tra un bicchiere di vino e l’altro assistono alle animate contrattazioni per la vendita del legname, al passaggio della gente a passeggio nella giornata di riposo e un’immagine di vita paesana piuttosto animata e vivace di oltre 300 anni fa

Liberamente tratto da “La gente di Pietrapazza” di Claudio Bignami e Alessio Boattini, Monti Editore, 2018.

 

Foto: Foresta della Lama, 1939, Archivio Fotografico Pietro Zangheri.