
Il picchio nero (Dryocopus martius) è il più grande tra i picchi europei. In Italia è diffuso principalmente sull’arco alpino, ma è presente anche lungo l’Appennino, con nuclei relitti nel Centro-Sud.
Tra le popolazioni appenniniche, è proprio quella del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi a spiccare per importanza. La specie ha conosciuto una progressiva colonizzazione a partire dagli anni Duemila; le foreste vetuste che il Parco custodisce si sono rivelate un ambiente ottimale per questo picchio, che ora, qui, è in piena espansione.
Non vi erano segnalazioni storiche, nell’area compresa tra Romagna e Toscana attualmente protetta dal Parco nazionale, ma la svolta è avvenuta con la comparsa dei primi individui nella Riserva Integrale di Sasso Fratino. Da lì, il picchio nero si è diffuso progressivamente nelle aree circostanti, trovando condizioni favorevoli anche al di fuori delle Riserve Biogenetiche Casentinesi, nucleo centrale del Parco.
Specie legata al legno morto, si nutre scavando nei tronchi con il suo potente becco, alla ricerca di larve di formiche. È considerato una specie chiave degli ecosistemi forestali, poiché le cavità che crea per alimentarsi o nidificare diventano rifugi essenziali per molte altre specie: uccelli, pipistrelli, insetti e piccoli mammiferi.
Il suo ruolo nella decomposizione del legno contribuisce ad arricchire e rendere più complesso l’ambiente forestale, al punto da essere definito un vero e proprio "ingegnere ecologico".
Il primo a fotografarlo nel Parco è stato proprio Giorgio Amadori, storico gestore dell’albergo Lo Scoiattolo di Campigna e appassionato fotografo naturalistico, che riuscì a immortalare il Picchio nero proprio nella Foresta di Campigna, lungo la strada delle Cullacce.
Nel video di oggi, Davide Alberti, funzionario del Parco che si dedica alle attività di ricerca all’interno dell’area protetta, ci parla della presenza di questo importante abitante del nostro appennino.