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Due dottorati per conoscerle meglio

La ricerca scientifica non ha dubbi: le foreste vetuste sono la chiave per comprendere nonché contrastare il cambiamento climatico. Ad oggi, costituiscono le nostre più preziose fonti per lo studio del riscaldamento globale in atto dato che offrono una ‘finestra’ estremamente sensibile alle più piccole variazioni. E quale posto migliore per studiarle se non uno dei complessi forestali più pregiati d’Europa, tra i massimi esempi di conservazione italiana: la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino e le Riserve Biogenetiche Casentinesi?

L’Ente Parco ha recentemente finanziato due dottorati di ricerca presso l’Università della Tuscia e l’Università di Bologna. Il primo è stato aggiudicato al Dr. Antonio Pica e ha lo scopo in primis di osservare, individuare e riconoscere i lembi di bosco vetusto, con particolare attenzione a quelli più giovani, che stanno lentamente evolvendo da una fase semplificata (un bosco antropizzato) a un sistema molto più complesso e naturalmente più stabile.

Il secondo è stato assegnato alla Dr.ssa Arianna Ferrara e si concentrerà invece su comunità e habitat forestali, con l’obiettivo di migliorare le attuali tecniche di conservazione, al fine di assicurare un’alta biodiversità e gli innumerevoli servizi forniti all’uomo, tra cui ad esempio il sequestro del carbonio.

Studiare un bosco vetusto non significa limitarsi a capire qual è la biodiversità presente in questi straordinari ecosistemi, bensì indagare nell’ignota rete di collegamenti che coesistono e coevolvono tra gli ‘attori’ di un processo unico, lento, che conduce allo sviluppo dinamico di un bosco più naturale.

 

Foto di Giordano Giacomini