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Conoscere la Natura… 2000!

Alla scoperta del sito "Monte Gemelli, Monte Guffone"

 

Dall’Alpe di San Benedetto seguendo il crinale fino al Bidente di Pietrapazza si estendono alcune delle aree più suggestive del Parco e di tutta la Romagna. Ritroviamo infatti il lago di Ridracoli, la piana di San Paolo in Alpe, le valli del Montone, del Rabbi e dei tre Bidenti fino a giungere ai contrafforti delle montagne Gemelli (1206 m s.l.m.) e del Guffone (1198 m s.l.m.). Elementi paesaggistici di straordinaria complessità originati dalla forza millenaria della Natura e dalle mani dell’uomo, che sinergicamente hanno modellato l’ambiente dando vita a un mosaico di preziosi habitat. Fiumi e torrenti si fanno strada scavando stretti solchi tra le formazioni marnoso-arenacee: strati alternati di sedimenti compatti e materiali fini che in balia di acqua e vento creano vedute di rara bellezza. Su tutto, la vegetazione scende dal crinale dominato dal faggio tra i fitti boschi di cerro e carpino nero con aceri e orniello che si tingono di mille colori durante l’autunno. Prati, arbusteti, coltivi e pascoli interrompono il paesaggio alle quote più basse, a testimonianza dell’azione modellatrice dei popoli montani.

Nel sito ZSC/ZPS IT4080003 Monte Gemelli, Monte Guffone (13.351 ha) sono stati individuati ben 20 habitat di interesse comunitario (7 dei quali prioritari) che occupano circa un terzo della superficie totale. Tra questi, uno in particolare spicca per i suoi colori e profumi primaverili. Si tratta dell’habitat 6210 caratterizzato da formazioni erbose secche seminaturali, che diventa habitat prioritario (*) in presenza di orchidee spontanee. Sì, avete letto bene! Nel territorio del Parco ed in particolare nei pascoli e praterie del versante romagnolo crescono più di 40 specie di orchidee terrestri. Ricercate da fotografi e appassionati, sono facilmente riconoscibili grazie ai loro colori vivaci e alle forme bizzarre dei fiori: il Barbone adriatico (Himantoglossum adriaticum) spicca per il suo lungo labello a forma di nastro che sembra quasi una lingua biforcuta, mentre le Ofridi (Ophrys classica, O. insectifera) imitano alla perfezione il dorso di api e vespe per attirare gli insetti impollinatori. In continuità con queste formazioni troviamo di frequente habitat di tipo preforestale attivi nella progressiva ricolonizzazione delle aree aperte. Ne è un esempio l’habitat 5130 che comprende cespuglieti aperti dominati dal ginepro comune (Juniperus communis) e da arbusti spinosi come la rosa (Rosa canina), il biancospino (Crataegus monogyna) e il prugnolo (Prunus spinosa). Infine, troviamo gli ambienti forestali dell’habitat 9130 (Faggeti dell’Asperulo-Fagetum) caratterizzati da boschi dominati dal faggio (Fagus sylvatica) e arricchiti dalle fioriture di specie nemorali come le cardamini (Cardamine bulbifera, C. heptaphylla), gli anemoni (Anemonoides nemorosa, Hepatica nobilis), l’acetosella (Oxalis acetosella) e la viola (Viola reichenbachiana).  

Tra la fauna presente non possiamo non citare l’Ululone appenninico (Bombina pachypus). Specie endemica della penisola italiana, vive lungo tutta la dorsale appenninica fino in Calabria. La si può osservare nelle aree aperte, spesso in habitat precari come pozze piccole e temporanee, stagni soggetti a essiccamento estivo, abbeveratoi e fossi di scolo. Queste aree vanno individuate e protette per garantire la conservazione della specie: l’Ululone, infatti, durante la stagione riproduttiva (che va da marzo a ottobre) torna negli stessi luoghi di anno in anno. Qui, il maschio attira l’attenzione delle femmine con il suo caratteristico richiamo ululante. Successivamente, la femmina depone poche decine di uova (in numero inferiore rispetto ad altri anfibi) in momenti diversi in modo da salvaguardarle al massimo dai predatori. Mentre il dorso di questo anfibio anuro è verrucoso e presenta una colorazione del tutto simile ai fondali dei suoi habitat, sul ventre appaiono macchie di colore giallo sgargiante. Questa caratteristica è il segreto del suo meccanismo di difesa chiamato “riflesso-ululone” (dal tedesco Unkenreflex): in caso di minaccia, inarca il corpo e solleva gli arti verso l’alto per mostrare la colorazione del ventre, segnale di elevata tossicità. Inoltre, appena assunta la posizione, l’Ululone comincia a secernere un liquido biancastro in grado di allontanare il nemico.

In sintesi, lo stato di conservazione attuale del ZSC/ZPS “Monte Gemelli, Monte Guffone” può essere valutato come discreto. Se per gli habitat di tipo forestale la presenza di specie guida e la sufficiente estensione delle aree è sinonimo di un buono stato di conservazione, la situazione degli habitat aperti è diversa. L’avanzare della successione secondaria, ovvero il ritorno del bosco nelle praterie, rappresenta il fattore di minaccia principale ed è la conseguenza dell’abbandono delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali. Inoltre, anche l’effetto del cambiamento climatico crea problemi alla maggior parte delle comunità vegetali e animali: la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento delle temperature può essere fatale, ad esempio, per gli anfibi legati alla presenza di stagni e pozze temporanee.

Foto:

Paesaggi e Ophrys apifera di Antonio Pica

Calandro di Moreno Nalin