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Alla scoperta della ZSC IT5180001 Crinale Monte Falterona, Monte Falco, Monte Gabrendo – 199 ha

Il nostro viaggio giunge nelle aree più alte di tutto il Parco, da cui si dominano Romagna, Toscana e Umbria: siamo sul crinale, precisamente sul massiccio M.te Falterona – M.te Falco. Si tratta del sito della Rete più piccolo di tutto il Parco, poco meno di 200 ha di estensione che racchiudono alcune tra le specie vegetali e animali più rare di tutta l’area. La superficie delimitata dal Sito è costituita da tre bracci principali che scendono dal Monte Falco verso valle in direzioni differenti. Il primo degrada in direzione Nord lungo la cresta che sovrasta il Pian delle Fontanelle passando per Poggio Piancancelli e terminando presso la Costa di Poggio Corsoio. L’altro braccio scende leggermente in direzione Sud-Ovest per poi risalire sulla cima del Monte Falterona. L’ultimo percorre il crinale verso Sud-Est in direzione dei Prati della Burraia per poi risalire su Monte Gabrendo.

La ZSC “Crinale Monte Falterona, Monte Falco, Monte Gabrendo” raccoglie 9 habitat di interesse comunitario di cui 3 classificati come prioritari. I più importanti sono di certo quelli legati alle praterie d’altitudine e secondarie e alle cenge rocciose di alta quota. Si tratta di aree spesso molto ridotte dove permangono le condizioni ideali alla sopravvivenza di specie vegetali relittuali rare e minacciate. Uno degli habitat caratteristici, denominato “Ghiaioni calcarei e scistoso-calcarei” (cod. 8120) è fortemente localizzato nell’area: si tratta di pietraie di calcescisti, di calcare o di marna tipiche della fascia alpina e montana. Indicatrici di questa vegetazione sono ad esempio l’Arenaria di Bertoloni (Arenaria bertolonii), l’Arabetta alpina (Arabis alpina), il Doronico di Colonna (Doronicum columnae) e la Valeriana trifogliata (Valeriana tripteris). A stretto contatto con l’habitat 8120 troviamo un altro esempio di vegetazione rara, tanto da essere presente solo su una stazione del versante settentrionale del Monte Falco: parliamo delle “Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine” (cod. 6170). Questi residui di vegetazione subalpina racchiudono alcune delle specie più interessanti del Parco. Troviamo da esempio numerose Sassifraghe (Saxifraga sp.pl.), l’Alchemilla delle rupi (Alchemilla saxatilis), la festuca di Puccinelli (Festuca violacea subsp. puccinellii), la Genziana primaticcia (Gentiana verna) e la Tozzia alpina (Tozzia alpina). Faggete riconducibili a diversi habitat comunitari (cod. 9210* e 9220*) e formazioni prative dei suoli silicei (cod. 6230) incorniciano le aree di crinale creando una rete di ambienti complessi strutturalmente e ricchi di biodiversità.

Il crinale costituisce l’area principale di diffusione del Mnemosine (Parnassius mnemosyne), un lepidottero della famiglia dei Papilionidi. La specie è inclusa nell’allegato IV della Direttiva Habitat nonché nell’Appendice II della Convenzione di Berna. Frequenta sia ambienti aperti umidi e freschi come pascoli e radure che zone di margine a vegetazione arbustiva in contatto con faggete e bosco misto. È facile osservarla in volo a giugno e luglio, momento in cui avviene lo sfarfallamento degli adulti (prima dei maschi e subito dopo delle femmine). Durante la fase adulta, la pianta nutrice, ovvero quella consumata dalle larve, non è presente: si pensa che le femmine tramite l’olfatto siano in grado di trovare la posizione dei bulbi sotterranei della pianta ospite (varie specie appartenenti al genere Corydalis) e di conseguenza depongono le uova nelle immediate vicinanze. In questo modo, alla schiusa, le giovani larve inizieranno rapidamente a nutrirsi.

Le aree di crinale presentano innumerevoli fattori di minaccia dovuti alla loro particolare distribuzione e fragilità e a causa delle ridotte dimensioni. La chiusura naturale in seguito al recupero del bosco delle aree aperte minaccia concretamente specie animali e vegetali che trovano rifugio nelle quote più alte. Le ridotte dimensioni delle aree contribuiscono ad aggravare il problema, impedendo l’espansione e il mantenimento di tali fitocenosi. Non dimentichiamo che per la loro bellezza, gli ambienti di crinale sono presi d’assalto dai turisti: una corretta regolazione dei flussi può aiutare a salvaguardare alcuni lembi di habitat ritenuti fortemente a rischio. Il cambiamento climatico, infine, esercita una pressione fortissima sul processo di estinzione di alcune specie, che in tali aree trovano i limiti della loro distribuzione nella penisola italiana. Ne è un esempio la Tozzia alpina, pianta appartenente alla famiglia delle Orobanchaceae tipica della fascia montana. È ormai estremamente rarefatta in tutta Italia e trova il suo limite meridionale di distribuzione nella penisola proprio nel territorio del Parco.

Foto:

- Parnassius mnemosyne (Francesco Grazioli)

- Prispolone (Giorgi)

- Panorama e genziana (A. Pica)