
La salvaguardia di una specie a rischio
Quasi mai lo studio e la salvaguardia di una specie in pericolo si esauriscono in un'azione isolata. Proteggere una specie significa, in realtà, scoprire di far parte di un quadro più ampio: un ecosistema in cui l’azione umana può rivelarsi un veicolo di cambiamento positivo.
La popolazione dell’ululone appenninico (Bombina variegata pachypus), in passato noto come Ululone dal ventre giallo, è andata incontro a un forte declino negli ultimi anni in tutto il suo areale.
Le cause principali sono i cambiamenti climatici, che hanno ridotto la presenza di ambienti adatti alla riproduzione, e l’abbandono di pascoli e aree aperte.
L’ululone, infatti, si riproduce in aree umide con acqua ferma o appena corrente situate in aree aperte e soleggiate. Per la riproduzione può utilizzare però anche gli abbeveratoi, che tuttavia, con la diminuzione del pascolo, vengono dismessi, contribuendo così al declino della specie.
Il Parco ha attivato programmi di reintroduzione della specie in aree da cui era scomparsa. Ha inoltre ripristinato ambienti umidi e abbeveratoi, studiando in profondità le esigenze ecologiche della specie. Questi interventi, svolti nell’ambito del progetto LIFE WetFlyAmphibia, hanno permesso di contrastare efficacemente il declino dell’ululone.
Ma i benefici non si fermano qui. Gli ambienti umidi ripristinati non favoriscono solo l’ululone, ma anche molte altre specie che vivono in questi ecosistemi: altri anfibi, uccelli, specie botaniche. Anche le attività umane legate all’allevamento e al pascolo ne traggono vantaggio, potendo nuovamente usufruire degli abbeveratoi per il bestiame.
La conservazione, quindi, non è mai fine a sé stessa, né un’azione isolata! È sempre un intervento sistemico, che coinvolge una rete complessa di relazioni ecologiche, culturali ed economiche. Una rete di cui anche noi esseri umani facciamo parte.
Foto di F. Lemma