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La seconda guerra mondiale, iniziata nel 1939, vide l’entrata dell’Italia nel giugno 1940 e questo significò anche per le popolazioni del nostro Appennino l’esperienza del lutto, dei morti al fronte, dei dispersi e delle difficoltà dovute al conflitto bellico che si ripercuotevano anche sulla popolazione civile.

Era quindi gente già provata dal razionamento e dalle privazioni quella che si trovò ad affrontare il periodo più duro della guerra, fra la fine del ‘43 e la liberazione, quando questa entrò nelle loro case, con l’occupazione nazista ed il passaggio del fronte. Fu così che le nostre montagne divennero teatro di vicende tragiche e dolorose, ma anche di episodi di solidarietà, di cui le nostre popolazioni dettero grande prova.

Gente tosta, la nostra, abituata a lavorare duro per strappare il necessario alle montagne su cui viveva, di cui conosceva tutti i segreti e le difficoltà, ma non pronta, come tutti del resto, alla guerra ed alla sua violenza.

Già dall’8 Settembre del ’43 si cominciò a vedere il passaggio di soldati sbandati, prigionieri fuggiti che trovavano l’aiuto dei contadini, in barba alle disposizioni di Kesserling, comandante dell’esercito tedesco di occupazione. Rischiando la fucilazione e l’incendio delle proprie case, dettero rifugio ed ospitalità a tanti soldati sbandati italiani e stranieri. Tra i tanti episodi è passata alla storia la vicenda dei generali e alti ufficiali inglesi che, per sfuggire alla Wehrmacht, trovarono ospitalità a Seghettina e in altre località dell’alto Appennino a monte di Santa Sofia, in una cordata di aiuti che li portò in salvo nel versante adriatico.

Il Comando tedesco, nell’intento di sgombrare dai partigiani la Linea Gotica, aveva cominciato dai primi di aprile del ’44 a rastrellare quelle zone, con il susseguente tentativo dei partigiani di sfuggire e gli scontri avvenuti nella zona del Monte Fumaiolo il 6 e 7 aprile. La mattina del 12 aprile i partigiani che si trovavano a Biserno videro le truppe tedesche in avvicinamento ed iniziò lo scontro a fuoco. I tedeschi avanzavano allo scoperto e la mitragliatrice partigiana li colpì duramente, tanto da costringerli a cercare riparo. Purtroppo per i partigiani, però, un’altra colonna di tedeschi li colse di sorpresa alle spalle, sparando colpi di mortaio dal vicino crinale. Uno di loro ebbe la gamba tranciata da una granata ed altri tre rimasero a terra feriti e furono uccisi dai tedeschi a colpi di baionetta. Gli altri feriti riuscirono a ritirarsi insieme al gruppo, furono poi nascosti in una capanna alla Seghettina ed aiutati dagli abitanti. Gli uomini dell’ultimo distaccamento rimasto sul luogo si difesero fino alla fine, ritardando così l’avanzata dei tedeschi e permettendo agli altri di rifugiarsi a San Paolo in Alpe e di sfuggire al rastrellamento, ma non riuscirono a sfuggire alla mitraglia tedesca quando tentarono di raggiungere un dosso dietro al quale intendevano ripararsi.

Alla fine della terribile giornata rimasero sul campo 12 partigiani: una delle tante pagine tristi di questo periodo storico.

 

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