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Conoscere la Natura… 2000!
Alla scoperta della ZPS Camaldoli, Scodella, Campigna, Badia Prataglia 

 

Lasciamo il versante romagnolo per buttarci a capofitto nella Rete Natura 2000 della Regione Toscana. Sono ben 9 i Siti che ricadono nel territorio del Parco, tutti accomunati da una ricchezza di flora, fauna e habitat di assoluto pregio. Cominciamo questo viaggio con una panoramica dei boschi e delle praterie che si diramano lungo l’alto crinale da nord-ovest a sud-est, seguendo la linea spartiacque tra Romagna e Toscana.  Il Sito trova origine dalle sorgenti del F.so di Falterona al cospetto di Poggio Giogo (bacino che alimenta il torrente di San Godenzo) fino all’estremo inferiore (Passo dei Mandrioli) passando per il M.te Falterona e il M.te Falco. La ZPS abbraccia inoltre alcune delle porzioni più conservate del Parco: ben 3 Riserve Biogenetiche (Scodella, Camaldoli e la parte superiore della foresta di Badia Prataglia – Lama) e la Riserva Naturale Integrale La Pietra, che racchiude la porzione più importante della faggeta Granducale. 
La ZPS  IT5180004 “Camaldoli, Scodella, Campigna, Badia Prataglia” (2.155 ha) raccoglie ben 11 habitat di interesse comunitario di cui 3 classificati come prioritari. L’elevata ricchezza è dovuta all’unicità di alcuni ambienti aperti, rari esempi di conservazione di aree estremante fragili situate oltre i limiti del bosco. L’habitat “Lande alpine e boreali” (cod. 4060), presente nelle aree di crinale da Monte Falco e Monte Acuto, rappresenta una delle formazioni più interessanti di questo Sito. Esso presenta aree con elevatissima valenza fitogeografica, esclusive del versante Toscano. Passeggiando sul crinale possiamo facilmente individuare questi ambienti: appaiono come arbusteti nani o prostrati dominati dal Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), specie appartenente alla famiglia delle Ericaceae ben conosciuta per le sue prelibate bacche blu-violaceo. Scendendo di quota incontriamo formazioni arbustive dominate dal giallo della Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), dal rosa del Brugo (Calluna vulgaris) e dal verde lucente del Ginepro (Juniperus communis). Questi lembi sono veri e propri relitti di vegetazione subalpina e formano con la foresta e le praterie un complesso mosaico di nicchie ecologiche in grado di dare rifugio a piante e animali. Nelle zone più aperte, ai margini della faggeta e degli arbusteti, si aprono le praterie a dominanza di Nardo (Nardus stricta): si tratta di una pianta erbacea di piccole dimensioni ma con una grande valenza ecologica, che predilige suoli acidi e poveri di nutrienti. Non mancano le connessioni con gli ambienti forestali più maturi come le faggete acidofile del Luzulo-Fagion (cod. 9110) e le Faggete appenniniche con Tasso e Agrifoglio (cod. 9210*). In modo localizzato sono presenti lembi dell’habitat 91L0 “Querceti di rovere illirici (Erytrhonio-Carpinion)”, ovvero boschi misti a dominanza di Cerro (Quercus cerris) e Carpino bianco (Carpinus betulus) in cui possiamo osservare una grande quantità di bulbose in fiore durante la primavera.
La ricchezza di avifauna è il punto di forza di questo Sito: l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), la Tottavilla (Lullula arborea), il Picchio nero (Dryocopus martius), il Nibbio bruno (Milvus migrans), il Succiacapre (Caprimulgus europaeus), l’Averla piccola (Lanius collurio) e il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) sono solo alcune delle 15 specie protette dalla Direttiva. Ognuna ha abitudini diverse ed è legata ad un particolare habitat da tutelare. La Tottavilla, ad esempio, è solita nidificare in aree aperte anche di piccolissime dimensioni nelle vicinanze di boschi e siepi. La ricolonizzazione da parte del bosco potrebbe portare a futuri problemi nella sua conservazione. Un caso simile è quello del Falco pecchiaiolo, rapace poco comune all’interno del Parco, che frequenta zone con boschi governati ad alto fusto. La sua prerogativa è una dieta estremamente specializzata basata su larve e pupe di insetti sociali (imenotteri). Questa caratteristica, infatti, lo spinge a nidificare proprio nelle vicinanze di arbusteti e radure. 
Lo stato di conservazione del sito di “Camaldoli, Scodella, Campigna, Badia Prataglia” può definirsi nel complesso discreto. Mentre le foreste si mantengono in buono stato, gli ambienti aperti stanno subendo negli ultimi decenni un notevole peggioramento. Il cambiamento climatico è uno dei fattori chiave nel processo di regressione delle aree aperte, ma non è il solo. La marginalità degli habitat, la superficie limitata e la naturale evoluzione verso forme forestali più mature sono fattori che accelerano la scomparsa di praterie e arbusteti residuali dalle aree di crinale. Il ruolo dell’uomo nel restaurare in maniera controllata pratiche tradizionali come il pascolo (non continuo e attentamente vigilato) potrebbe risultare fondamentale per garantire la sopravvivenza di specie animali e vegetali in questi luoghi. 

FOTO:

Averla piccola di Stefano Gellini
Faggeta, paesaggio e mirtillo nero di Antonio Pica