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Passeggiando tra le faggete vetuste durante la bella stagione non si può far a meno di notarle: emergono dalle foglie con il loro delicato fusto verde e i loro mille colori. Un profumo dolce e ammaliante ci attira verso di loro, perpetuando uno degli inganni più efficaci del mondo vegetale. Sono le orchidee spontanee, gioielli rari che abitano gli annosi boschi del Parco.

La famiglia delle Orchidaceae è considerata tra le più importanti al mondo, con circa 25.000 specie presenti nel globo. In Italia si contano oltre 230 specie, che vegetano dal livello del mare fino al piano subalpino. Le faggete vetuste ospitano alcune delle specie più rare della penisola: rappresentano dei veri e propri santuari, oasi di rifugio dove continuare a prosperare lontano dall’impatto dell’uomo. Boschi dove il tempo sembra essersi fermato e l’equilibrio che si instaura tra la sfera vegetale e animale è l’immagine vera della natura ancestrale. Ed è così che sotto il verde vivace delle chiome possiamo deliziarci ancora oggi con la loro visione: le mille sfumature di bianco, rosa, giallo, marrone e verde irrompono dalla lettiera bruna e le rendono le protagoniste assolute della primavera.

La loro è una straordinaria storia di coevoluzione con il bosco. Le specie che vivono all’ombra delle chiome sono infatti strettamente legate agli alberi per tutto il loro ciclo vitale. I semi, minuscoli, non contengono sostanze di riserva e si affidano per la germinazione ai funghi presenti in abbondanza nel suolo forestale. In questo modo vengono a crearsi delle simbiosi micorriziche con le orchidee e gli alberi, un tipo di associazione che permette a tutti i protagonisti di ottenere le sostanze necessarie al nutrimento.

Tra le specie più eleganti, le Cefalantere (Cephalanthera damasonium, C. longifolia, C. rubra) spiccano per la loro bellezza. I fiori variano dal bianco candido al giallo crema fino al rosa tenue. Non producono nettare e si affidano all’inganno per la riproduzione: all’interno dei loro fiori si trovano delle piccole creste gialle granulose che simulano la presenza di abbondante polline, ricercato avidamente dagli insetti per nutrire le proprie larve. Questi, ignari, cercando di accaparrarsi l’ambito premio raccolgono e trasportano le vere masse polliniche verso il fiore successivo.

Con le loro imponenti spighe fiorite, è difficile non notare le Elleborine (Epipactis sp.pl.). Piante tipiche dei luoghi ombrosi e freschi, trovano l’habitat ideale nelle faggete del Parco che ne raccolgono ben 8 specie differenti. Si va dall’Elleborine comune (Epipactis helleborine), facilmente riconoscibile per la sua infiorescenza vistosa e per le foglie ovate di grandi dimensioni, a specie molto più rare, come l’Elleborine di Greuter (Epipactis greuteri) e l’Elleborine purpurea (Epipactis purpurata), quest’ultima inserita nel Libro Rosso delle piante d’Italia. La riproduzione nel genere Epipactis presenta caratteristiche peculiari: a seconda della specie, le piante possono riprodursi tramite impollinazione incrociata (per mezzo di insetti) o adottare l’autoimpollinazione, evento che in alcuni casi avviene senza l’apertura del fiore.

Ma il bosco non manca di sorprese e alcune di queste sono molto difficili da scorgere. Le loro dimensioni ridotte e i colori neutri le nascondono perfettamente tra foglie e rami secchi: la regina del mimetismo non può che essere l’Orchidea fantasma (Epipogium aphyllum), priva di foglie e interamente di color bianco-brunastro. Il suo nome non è casuale, oltre a essere poco visibile in bosco può scomparire anche per parecchi anni consecutivi. Un'altra specie, la Coralloriza (Corallorhiza trifida), raggiunge al massimo i 15 cm di altezza e il suo colore varia dal verde pallido al giallo tenue. La particolarità di queste piante è che per la loro sopravvivenza dipendono strettamente dai funghi micorrizici presenti nel terreno, dai quali ricavano nutrimento. Infatti, come altre specie che vegetano all’ombra degli alberi contengono una minima quantità di clorofilla o ne sono totalmente prive, tanto da dover utilizzare altre strategie per sopravvivere.

Foto in alto: Cephalanthera rubra di Antonio Pica

Epipactis helleborine di Antonio Pica

Cephalanthera damasonium di Antonio Pica

Corallorhiza trifida di Antonio Pica

Epipogium aphyllum di Federica Bardi