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Cronache di viaggiatori del passato

Il Parco ha in qualche modo “riunito” due territori che lo sono stati per secoli e da un centinaio d’anni sono amministrativamente separati. Il crinale nel tempo lo si è comunque attraversato, non sempre agevolmente, attraverso le mulattiere e i sentieri che lo solcano.

E’ curioso però il punto di vista di viaggiatori d’eccezione che hanno visitato questi luoghi e li hanno guardati con occhi diversi, talora affascinati dalla bellezza della natura, talora colpiti dal disagio di chi vi viveva.

Esistono documenti più antichi, ma interessante e unica da un punto di vista storico è la Descriptio Romandiole, del Cardinale Anglic de Grimoard, una dettagliata relazione con una precisa descrizione delle località ed il numero delle persone con capacità contributiva dell’area romagnola nel 1371.

E poi i viaggiatori che per svariati motivi hanno avuto la ventura di “capitare” da queste parti. L’umanista Ambrogio Traversari che nel novembre 1433 da Camaldoli raggiunge l’abbazia di Santa Maria in Cosmedin, non senza difficoltà: “Sono arrivato con l’aiuto di Dio al nostro monastero dell’Isola sano, ma con tanta paura, mai tanta nel passato. […] Aumentava la paura e il pericolo il sentiero sdruccevole dal quale le bestie erano molto ostacolate nell’avanzare per quella stretta gola. […] Finalmente, per la divina misericordia, superate le difficoltà. Arrivammo al ponte; lo attraversammo e ci trovammo dinanzi al monastero, un monastero antico, venerando proprio per la sua antichità, ma per gli anni e la negligenza dei rettori in totale sfacelo.

Nelle sue visite il Ministro in Casentino in terra di Romagna descriveva le foreste e i borghi che incontrava: “Hancora se visitato la Lama dove è il lago delle trote e dove hancora vi è la sega de pachoncelli che la fa il Moro guardia, quale sega sta bene e non ha bisogno di cosa alcuna et il lago harebbe bisogno di esser netto mediante l’herba che drento vi nasce che a poco a poco lo va riempendo di poi ce ne siamo venuti per la strada dove vengono li buoi con i legni per trainare quale strada è assai buona e non ha bisogno di cosa alcuna …”.

E poi alcuni viaggiatori, non tanti a dire il vero, che per piacere solcavano questi monti tagliati fuori dai percorsi più noti in Italia. E’ l’estate del 1791 quando Sir Richard Colt Hoare ci racconta: “Allo spuntar del giorno lasciai il romantico convento di Camaldoli e, dopo essere passato di nuovo dal Sacro Eremo, continuai la salita sopra di esso […] sinché giunsi a uno dei punti più belli, Poggio della Scala. Da qui la veduta è stupefacente per quanto la veduta consente di spaziare […] Da una parte l’occhio scorre sulle terre della Romagna, il Sasso di Simone e un lungo tratto della costa adriatica; dall’altra spazia sul Casentino e quasi sull’intero territorio della Toscana … […] quindi discesi a Campigna […] Questa fattoria, che funge da posto di ristoro ed è l’unica abitazione del circondario, si trova in deliziosa posizione su di una valletta protetta, circondata da verdi pascoli e rinfrescata da un limpido rivo”.

Siamo invece nell’Ottocento quando, dal ’33 al ’59, il Granduca Leopoldo II visita svariate volte la Romagna granducale: “Cavalcando da Galeata a Santa Sofia vidi nel fondo della valle del Bidente una macchia nera nell’Appennino […] Desioso di conoscerla, presi la via di Ridracoli, vidi poco dopo distendersi alli occhi la scena selvosa nelle pieghe d’Appennino […] poi vidi la via spianarsi in una valletta verde, profonda cinta da antica, altera foresta che un ruscello bagnava, e disse la guida Giovannetti essere la valle della Lama, il fosso chiamarsi della Sega”.

Meno bucolica, invece, la descrizione delle condizioni di vita dei montanari che fa il Giornale Agrario Toscano della prima metà dell’Ottocento, riferito alla Romagna toscana: “Il montanaro della campagna […] vestiva la lana delle sue pecore, consumava il prodotto delle sue mandre e del suo pollaio, e il consumo regolavasi sempre in ragion del prodotto […] Cibo giornaliero. Di estate - La mattina: polenta di granturco, o di castagne, o pane di grano e orzo. Nel giorno: minestra di farina di grano, o grano o orzi con fagioli. La sera: pane. Di verno - La mattina: polenta o di granturco, o di castagne. La sera: minestra, o di farina di grano o orzi o di castagne …”.

E il lungo elenco potrebbe continuare, diversi i punti di vista, le motivazioni del racconto, ma unica la meraviglia di fronte ad un territorio dove l’uomo conviveva, non senza fatica, con una natura bellissima ed una foresta straordinaria.

Numerose informazioni e le citazioni riportate sono tratte da “Per quanto la veduta consente di spaziare” di G.L.Corradi, O.Bandini in “Il Parco del crinale. Tra Romagna e Toscana, a cura di Gian Luca Corradi, Alinari