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Le grotte sono ambienti di estremo pregio e di grande fascino, da sempre attirano la curiosità dell’uomo ed incutono in lui un senso di rispetto e a volte timore. Trovandosi davanti all’ingresso di una grotta si accendono sempre questi due tipi di sensazioni contrastanti e, a seconda che vinca una o l’altra, la grotta resta un mistero o viene “scoperta”.

Seppur non di tipo prettamente carsico, anche il territorio del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna ospita diverse cavità naturali molto interessanti. Principalmente di origine tettonica e derivanti quindi da vere e proprie “spaccature” della roccia, non raggiungono di certo dimensioni o profondità paragonabili a quelle di zone speleologicamente molto più rinomate (come la Vena del Gesso romagnola o il Carso triestino da cui deriva appunto il termine carsismo).

Legate a queste cavità vi sono spesso leggende o credenze popolari, come quella del “tuono della balza” e questi ambienti si ritrovano ad avere una grande valenza di tipo socio culturale oltre che naturalistico. Le “grotte non ancora sfruttate a livello turistico” sono infatti l’habitat 8310 della Direttiva 92/43/CEE in quanto ospitanti specie altamente specializzate, rare, spesso strettamente endemiche, e che sono di primaria importanza nella conservazione di specie animali dell’Allegato II quali pipistrelli e anfibi. Questo habitat assume notevole importanza soprattutto per la conservazione di una fauna cavernicola caratterizzata da animali del tutto peculiari costituiti soprattutto da invertebrati esclusivi delle grotte e dei corpi idrici sotterranei.

Informazioni faunistiche su questo tipo di ambienti all’interno del Parco sono scarse e frammentarie, con un unico vero lavoro specifico riguardante alcune cavità del versante toscano (Mazza et al., 2008; http://www.ssnr.it/27-1.pdf). La borsa di studio dedicata a Pietro Zangheri di quest’anno vedrà anche la realizzazione di nuove indagini sulla fauna ipogea delle grotte del Parco in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Verona. Le ricerche saranno concentrate in particolar modo sul versante romagnolo dove informazioni precise e che abbraccino un ampio spettro di gruppi faunistici mancano totalmente. Inoltre, in collaborazione con la Federazione Speleologica dell’Emilia-Romagna e diversi gruppi speleologici regionali (Speleo Club Forlì, Gruppo Speleologico Faentino e Gruppo Speleologico Paleontologico Gaetano Chierici di Reggio Emilia) si provvederà alla ricerca, all’accatastamento e al rilievo di nuove cavità. I risultati della ricerca saranno importanti per aggiornare ed ampliare le conoscenze sulla localizzazione, la morfologia e la storia delle grotte del Parco e per conoscere l’importante fauna cavernicola presente all’interno e nei pressi dei confini dell’area protetta.

 

Grotta di Cà Petrose Geotritone italiano (Speleomantes italicus) Ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum)

Foto di Matteo Ruocco

Foto principale: Grotta di Castel dell'Alpe